Unitre, Università delle Tre Età - Sondrio
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Sintesi della lezione tenuta per l'Unitre di Sondrio mercoledì 12 aprile 2006
dal prof. Massimo Dei Cas, docente di pedagogia, filosofia e psicologia all' Istituto Magistrale di Sondrio, sul tema:
Nietzsche: pensare e benedire la vita

Benedire la vita: il centro del pensiero di F. Nietzsche, se di centro si può parlare in un pensatore così eccentrico, è probabilmente questa insistita esortazione, che percorre, sotterranea o palese di una luce meridiana, tutte le sue opere. Benedire, cioè dire bene: e che altro si potrebbe dire della vita, se non bene?
Nella sua prima importante opera, "La nascita della tragedia", Nietzsche pone al bando questa superficiale considerazione, riproponendo l'eroica intuizione che fa la grandezza della cultura greca presocratica: la vita, come già aveva mostrato con magistrale chiarezza ed onestà Schopenhauer, è per sua essenza dolore, un dolore irredimibile perché radicalmente privo di ragione e di senso. Ma la grandezza dei Greci prima di Socrate non sta solo o tanto in questa lucida consapevolezza, ma nell'eroica volontà di dire sì alla vita, un sì alimentato dall'energia dello spirito dionisiaco, che si alimenta dell'ebbrezza di una ricongiunzione dell'uomo con la natura, e dello spirito apollineo, lo spirito creatore del sogno e della bellezza.
Ma poi venne Socrate, ed insegnò una profonda menzogna: al giusto non può accadere nulla di male, perché vi è un ordine, un logos, che governa la realtà, al di là del suo apparente caos. Quello di Socrate è un veleno antivitale: la sua morte è la morte di un uomo stanco della vita. Platone innalza la stanchezza socratica alle vette di un sistema metafisico, ma lo scavo filosofico di Nietzsche porta alla luce ciò di cui ogni metafisica è sintomo: il disprezzo della vita e della realtà terrena, nascosto dalla teorizzazione di un'altra vita e di un'altra realtà, più vere.
Il Cristianesimo rende questa menzogna accessibile a tutti, e la diffonde nella cultura occidentale, che dunque è dominata da valori antivitali, come la rassegnazione, la volontà di eguaglianza, la pietà. L'essenza di questi valori è il risentimento contro la vita, di cui non si sopporta l'essenza caotica, diseguale, polimorfa. Ma proprio l'invito cristiano a volere la verità al di sopra di ogni altra cosa, conduce, nel XIX secolo, alla morte di Dio: non si può più credere nei valori assoluti, non ci sono più punti di riferimento saldi, di ogni realtà eterna e stabile non è più nulla.
È l'epoca del nichilismo, non ancora chiaro nella coscienza dell'uomo europeo, ma ineluttabilmente giunto alle porte della sua cultura. Portando con sé un bivio tremendo: alla coscienza del nulla di ogni riferimento stabile farà seguito una forma estrema di disgusto per la vita, oppure l'inebriante consapevolezza di una possibile liberazione della volontà di potenza.
L'essenza di ogni uomo è volontà di potenza. Ma questa può assumere due forme: quella debole, che si ripiega su se stessa, e quella forte, o affermativa, che è espansione e creazione. Quest'ultima, nella sua forma più pura, si esprimerà nell'oltreuomo, che dice integralmente sì alla vita, perché una vita che è assenza di significato è anche un terreno libero sul quale edificare e forgiare nuovi valori.
La creazione di valori nuovi, senza alcun fondamento nell'essere: questa è la forma nella quale l'oltreuomo benedice la vita.

Massimo Dei Cas


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