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ALBERTO DE SIMONI: ATTUALITÀ DI UN ILLUSTRE GIURECONSULTO VALTELLINESE DEL SECOLO DEI LUMI" - TAVOLA ROTONDA PUBBLICA

PROF. LEANDRO SCHENA COORDINATORE SCIENTIFICO CENTRO LINGUISTICO UNIVERSITÀ BOCCONI
PROF. M. DONATA PANFORTI ORDINARIA DI DIRITTO PRIVATO COMPARATO, UNIVERSITÀ DI MODENA E REGGIO E.,
DR. GIUSEPPE TARANTOLA PRESIDENTE DELLA PRIMA SEZIONE CIVILE DELLA CORTE D’APPELLO DI MILANO

Alberto De Simoni nacque a Bormio il 3 giugno 1740. Studiò dapprima a Bormio presso i Gesuiti e poi Filosofia e Lettere a Milano e infine Diritto nell'Università di Innsbruck e Salisburgo. Ritornato in patria, esercitò l'avvocatura e curò l'edizione delle sue opere di diritto. Dapprima lodato dai Grigioni, fu poi condannato per aver pubblicato, nel 1788, il "Ragionamento giuridico-politico sopra la costituzione della Valtellina e del Contado di Chiavenna" e "II prospetto storico politico apologetico del governo della Valtellina" del 1791, in cui rivendicava i diritti della sua patria. Dovette fuggire a Milano, ove ebbe la protezione del governo austriaco. Durante la Repubblica Cisalpina, il vicepresidente Melzi l'incaricò di compilare un codice criminale per la nazione italiana. Nel 1803 Napoleone lo nominò membro dell'Istituto nazionale, nel 1804 membro del Tribunale costituzionale d'Appello del Dipartimento del Lario (del quale faceva parte la Valtellina); nel 1807 divenne consigliere della Suprema Corte di Cassazione. Noto per la sua accortezza, si dice che Napoleone lo chiamasse "la mia volpe montanara". Morì il 31 gennaio 1822.
(fonte: Battista Leoni, "Dizionario biografico di Valtellinesi e Valchiavennaschi)

  • La testimonianza della stima di cui era circondato ci perviene anche dalle significative parole dei suoi contemporanei che, nel necrologio pubblicato sulla Gazzetta di Milano in sua morte, si espressero nei termini che qui vengono riproposti:

    "Il 31 dello scorso gennaio finì di vivere in Ardenno, provincia di Sondrio, suo domicilio,l’illustre giureconsulto e filosofo Don Alberto de' Simoni, membro pensionato dell’I.R.Istituto di scienze, e già consigliere nella Corte di Cassazione vantaggiosamente conosciuto per le dotte sue opere di giurisprudenza e legislazione non meno in Italia che oltramonti. Nato in Bormio di nobile ed antica famiglia patrizia, insignita pure della nobiltà austriaca con I. R. Diploma, fra le occupazioni degl’impieghi municipali e giudiziari in patria e in Valtellina e nell'esercizio della professione legale aspirò alla gloria di ridurre la giurisprudenza, massime criminale, ai suoi veri principi e di purgarla dalle inveterate abusive opinioni colla scorta della sana filosofia. Il trattato del furto e sua pena, impresso nel 1777, applaudito dai più illuminati professori ed intelligenti, fu seguito da quello dei Delitti di mero affetto, in cui egli pienamente sviluppa le luminose dottrine accennate nel primo, ed abbraccia i fondamenti della criminale giurisprudenza generale. Le replicate edizioni di questa opera insigne attestano l’universale giudizio dei dotti sul merito di essa, e provano come era degno di trapassare all’età venture il nome dell'autore. Renazzi e Cremanni lo citano con somma lode nelle loro opere; Bressot de Warville nella sua Biblioteca di diritto criminale lo pone ai primi posti fra quegli illustri italiani che colle loro opere contribuirono al perfezionamento del sapere. Vari altri scritti uscirono dalla sua penna sui diversi argomenti, e così singolari, nei quali gli occorse spesso maneggiare punti difficili e delicati, ch’egli rende più importanti con risalir sempre al principi colla scorta della Legge e della ragione. Il suo ragionamento storico politico sulla costituzione della Valtellina pubblicato nel 1788, indi il prospetto storico sul medesimo soggetto lo rendettero benemerito alla patria e mostrarono la sua profonda cognizione nel diritto pubblico. La di lui riputazione gli aperse le porte dell’Istituto al primo stabilimento di questo corpo accademico, e quindi fece parte della commissione incaricata di tradurre il Codice che era messo in attività a quei giorni. Fu giudice nel Tribunale d’Appello del Lario, ove dai suffragi del suoi colleghi venne anche eletto Presidente nel 1803, e successivamente Consigliere nella Corte di Cassazione. Restituito alla quiete domestica, egli non abbandonò i suoi studi favoriti, ed oltre un’opera già preparata per la stampa sotto il titolo di “Saggio storico filosofico sul diritto di natura e delle genti, e sulle successive Leggi, istituti, governi civili e politici”, molti altri scritti rimangono presso la sua famiglia. Di carattere buono e virtuoso, di costumi puri, di maniere semplici ed ingenue, esente dall’impostura e dalla pedanteria dei letterati di mestiere, il De Simoni fu insigne scrittore, buon magistrato, buon marito ed affettuoso padre di famiglia.
    La di lui morte amara ai congiunti ed alla patria lo sarà anche a tutta l'Italia cui fece onore coi suoi scritti.
    Di tre membri dell'I.R. Istituto di scienze che vantava la provincia di Sondrio non rimane che Piazzi, che certo vale per molti; lo che basta a ribattere le false accuse di chi pretende che la Valtellina non sia feconda in belli ingegni". (Gazzetta di Milano, n. 77,18 marzo 1822 )


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