Unitre, Università delle Tre Età - Sondrio
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Relazione tenuta dall’ing. Gianmaria Bordoni il 27 aprile 2009 sul tema:
“Le storie dell’acqua”

Comincio queste storie sull’acqua da quelle di una lotta disperata di un villaggio e di un popolo. Il villaggio è sulle rive del Tigri, in Mesopotamia, e si chiama Hasankeyf. Il popolo è quello curdo, orgoglioso e odiato quanto basta per farne un emblema dell’intolleranza a livello mondiale. La storia è semplice e drammatica: la Mesopotamia, un tempo terra ricca e fertile tra due dei più importanti fiumi del medio oriente, il Tigri e l’Eufrate, oggi stenta a trovare una dimensione moderna. Il progresso invocato da quelle genti chiede energia per generare occupazione. Ed ecco dunque una proposta, un progetto: sbarrare il Tigri a valle di Hasankeyf con una diga seppellendo un patrimonio dell’UNESCO e le sue terre sotto un grande lago, destinato a fornire quanto occorre. Il popolo curdo di Hasankeyf ha raccontato la sua storia di contrasto a questo progetto che dura da decenni, ma che ora sembra prossimo a diventare realtà. C’è una frase di una donna che mi ritorna continuamente alla mente: se fossimo a Istanbul non se ne parlerebbe proprio, qui invece si può fare e noi perderemo case, campi, storia e memorie. Affiderò ad alcune immagini di questa terra anche la fine delle mie storie. Questo inizio mi serviva per farvi comprendere, con una sorta di colpo al cuore, che non è facile parlare di acqua, proprio perchè per parlare dell’acqua occorre parlare dell’uomo. L’uomo e l’acqua, dunque, legati a doppio filo nella vita, nel progresso, nella morte. Mi aiuterò con qualche carta del mondo: si tratta di elaborazioni particolari che deformano la dimensione delle Nazioni in relazione alla intensità con la quale i vari fenomeni si manifestano.

E quest’altra ci dice quante delle risorse idriche sono davvero utilizzate.

Questa seconda storia dell’acqua potrebbe andare avanti con una cinquantina ancora di questi mondi deformati, che però non aggiungerebbero altro se non la conferma che l’acqua è elemento essenziale per l’uomo, che dell’acqua non può fare a meno senza perdere anche la sua umanità e la sua vita.
Per questo occorre essere attenti quando l’acqua diventa merce o servizio: non è come altre merci o altri servizi. L’assenza di acqua genera povertà. Per converso, la ricchezza genera richiesta d’acqua. Cina e India da sole fanno 2,5 miliardi di abitanti che si danno un sacco da fare per migliorare la loro esistenza e il bisogno di acqua sarà presto enorme.
L’acqua però è distribuita in modo non uniforme ed è facile profezia immaginare che, se non la stoltezza umana, sarà l’acqua il principale elemento di tensione per i popoli del 3° millennio e chi non ce l’ha, farà di tutto per procurarsela, sapendo che è in gioco il suo futuro di prosperità.
C’è una cosa che dobbiamo capire, e con questo concludo questa veloce storia dei rapporti tra uomo e acqua:
- il nostro corpo è almeno per metà costituito d’acqua
- nei bambini la percentuale arriva al 75% e si riduce negli anziani fino al 50%
- l’acqua è uno straordinario veicolo di cellule nel nostro corpo, regola fattori decisivi come la digestione, la termo regolazione, la pulizia delle scorie che altrimenti ci avvelenerebbero, è un ammortizzatore per organi essenziali, dall’orecchio al cervello e qualcuno pensa all’acqua anche come serbatoio di memorie e come una pila che ci ricarica di energia.
- quello che beviamo non serve dunque solo a dissetarci, ma svolge funzioni insostituibili.
Le nostre storie proseguono rapidamente con alcune suggestioni, analizzando nella specifico aspetti della nostra esistenza che vedono al centro l’acqua.
Non potremo parlare di tutto, ma accennerò ai principali, seguendo la nostra vita di “pesci fuor d’acqua”, intendendo con questo che, se anche non abbiamo le branchie e le pinne, l’acqua è per noi essenziale.

Parleremo allora di fatti:
- di acqua ed economia
- di acqua e di territorio
- di acqua ed energia

Poi le nostre storie ci porteranno a trattare delle idee e quindi:
- di acqua e ideologie
- delle leggi dell’acqua
- dei conflitti dell’acqua

Chiuderemo quindi con le prospettive per la storia di Hasankeyf. Tanti esempi passati e recenti ci hanno dimostrato l’essenzialità dell’acqua nell’economia di un territorio, di una nazione, di un continente. Partiamo da qualcosa di semplice e facile da capire per chiunque: l’agricoltura. Girando per il mondo ho visto tanti modi di produrre alimenti dalla terra. Alimenti che nutrono popoli e, per il vecchio “adagio” che recita “dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”, che condizionano abitudini, culture, tradizioni della gente.
Ho visto i berberi e i nomadi del deserto africano, obbligati a muoversi tra un’oasi e l’altra per dissetare greggi, cammelli e la propria sete; e dentro le oasi il miracolo della sabbia arida che diventa terra generosa se irrigata dall’acqua che con pazienza e parsimonia viene elargita, regolando datteri e ortaggi, base dell'alimentazione di quei popoli.
Ho visto distese sterminate di uliveti e agrumeti sulle sponde africane del mediterraneo conquistare il deserto, dissetati da fiumi artificiali fatti di condotte alimentate dai serbatoi naturali delle montagne, distanti svariate centinaia di chilometri. Ho visto i vigneti del Portogallo, della California e del Sudafrica declinati in ragione del clima temperato della corrente del Golfo, tempestoso dell’Atlantico, umido dell’Oceano indiano.
E ancora le piantagioni di the di Darjelin alle pendici dell’Himalaya e le risaie sconfinate della Cina, con il primo assurto dal rango di bevanda ogni tempo a cultura dell’impero di Sua Maestà Britannica e il secondo da pane, a pietanza per il popolo più numeroso del mondo. Potrei continuare, ma alla base di datteri, arance, ulivi, vino, the, riso e mille ricchezze della agricoltura del mondo sta questa realtà semplice e mirabile della “sorella acqua” di francescana memoria, ora pioggia, ora risorgiva, ora fiume, ora palude. E che dire degli allevamenti di pecore, capre, vacche e maiali; che dire dei pesci che ci nutrono e deliziano. Del grano con cui facciamo pasta e pane, della frutta che riempie i sensi di profumi e di sapori. Tutto merito dell’acqua che fa germogliare i semi, fa crescere l’erba e le piante, fornisce succo di vita e tutto ciò che ci nutre.
Anche l’industria in larga misura non ci sarebbe se non ci fosse l’acqua.
Pensate solo alle industrie conserviere che ci offrono tutto l’anno la possibilità di consumare prodotti in epoche distanti dalla loro produzione: l’acqua è elemento fondamentale dei processi. Ma serve molta acqua anche per il raffreddamento nell’industria siderurgica, per le torri di evaporazione della sterminata quantità di attività che utilizzano il vapore per sterilizzare, muovere macchinari, far girare turbine e produrre così energia.
Il commercio ha fatto dell’acqua pura elemento di business assicurato. Al di là delle acque minerali, oggi riscoperte anche in chiave di sicurezza alimentare, il commercio utilizza poi l’acqua per trasportare i prodotti nei luoghi più lontani del mondo e da lì ritornare con altri prodotti e materie prime , attraversando oceani e risalendo fiumi. Le vie della seta e delle spezie oggi sono percorse a ritroso con merci di tutti i tipi, comprese le tecnologie più sofisticate. Fino ad ora abbiamo parlato delle indispensabilità dell’acqua e della sua inscindibile presenza con l’uomo, dell’acqua amica ed essenza stessa della vita di vegetali, animali e uomo. Qui ricorderò brevemente che l’acqua può essere anche nemica terribile dei popoli che, immemori della storia, pensano che, grazie all’alleanza di fatto con l’elemento che è costituente primario dell’umanità, tutto sia loro concesso. In realtà la storia appunto ci insegna una indisponibilità dell’ambiente nel suo insieme a considerare l’uomo sempre un amico. Anche perchè spesso non lo è perchè il progresso ha le sue regole di trasformazione del territorio che a volte scadono in manipolazioni assurde alle quali, con il tempo, l’ambiente si ribella. E ci ricorda che l’alleanza, per essere tale, richiede di corrispondere alla generosità la nostra attenzione e il nostro rispetto.
Ci sono catastrofi che avremmo potuto evitare o ridurre drasticamente negli effetti. Credo nella capacità della Natura di ricercare nuovi equilibri così come credo che l’Uomo non seguiterà ad essere scioccamente distratto ai guai che le sue scelte rischiano di arrecare al Pianeta. Non fosse altro che per salvaguardare la nostra incolumità e le attese di vita dei nostri figli, ci sarà presto un nuovo patto con l’Ambiente che rimetterà a posto alcuni fondamentali, smarriti nel vorticoso progresso di questi ultimi decenni. Eviteremo la pretesa di imbrigliare e incanalare fiumi e torrenti in spazi incompatibili, di costruire a ridosso delle loro sponde, di fare ponti angusti e dighe senza valutare con l’attenzione del caso tutte le conseguenze di impatti sugli equilibri magari già compromessi del territorio. Smetteremo di sprecare acqua preziosa con colture assetate dove di acqua ce n’è poca.
Riequilibreremo la nostra dieta di ricchi pensando alla salute ed all’assurdo prezzo ambientale di una bistecca , consentendo ai poveri di avere almeno il necessario. Prenderemo un pò di energia dal sole e dal vento fermando o rallentando l’uso dell’acqua e del petrolio. Qualcosa faremo, ora che l’America è disponibile e che forse lo saranno presto anche Cina e India, sempre più soffocate dalle nubi di polveri del carbone bruciato. Io sono certo che sapremo trovare il senso di queste cose e lo faremo, se non per virtù, almeno per necessità. La nostra provincia paga un alto prezzo di territorio perso, di rischio idraulico, di naturalità negata per produrre energia “pulita” in quanto viene generata senza emissioni. Sono contropartite pesanti.
Lo slogan che va molto in voga di questi tempi è basta derivazioni; quello che c’è ancora di naturale non va toccato. A costo di apparire controcorrente, voglio però dirvi che non credo sia questa la ricetta migliore. Perchè quello che ci è già stato portato via è enormemente di più di ciò che ci resta di vergine. Perchè c’è una normativa sul Minimo deflusso vitale che è applicata poco e male e sarebbe assai meglio rinunciare a un po’ d’acqua nel Liro e nel Madrasco per avere tanta acqua in più nell’Adda, nel Mallero e negli altri torrenti già sfruttati. Perchè nei prossimi anni scadono le concessioni idroelettriche e sarebbe assai meglio occuparsi dell’ acqua nei fiumi che di quattro soldi in più nei bilanci di comuni e Provincia. Ancora una volta chiediamo spiccioli invece che cose importanti che non ci possiamo comprare e che non saranno comunque più nostre di adesso se al posto di Edison o A2A ci saranno le Banche. Uscendo da casa nostra, mi limito a ricordare che il rapporto acqua-energia non si esaurisce con la produzione idroelettrica. Come per i grandi processi industriali, anche per produrre energia dalla combustione di metano, di carbone, di uranio, l’acqua è fondamentale per l’efficienza dei cicli di produzione del vapore. Senza una grande disponibilità di acqua queste centrali non potrebbero produrre se non a costi ambientali elevatissimi e comunque con scarsa efficienza. L’acqua in conclusione si conferma elemento primario in tutti i settori di produzione energetica. E veniamo a parlare di idee.
In un mondo che sembra rifiutare qualunque ideologia perchè considerata inadatta ad accompagnare la filosofia imperante del “pensiero debole” e cioè la cedevolezza dei convincimenti più forti per far posto ad una sorta di melassa nella quale sta tutto e il contrario di tutto, ci salva, tra le poche, l’ideologia dell’acqua. Qui davvero non si cede di un millimetro, consumando una irrealistica battaglia di principi laddove meglio starebbero la ragione e la libertà di scelta. Di che parliamo? Del fatto che da una parte ci si consuma a dire che l’acqua è un diritto e dall’altra che è un patrimonio.
Per una parte e per l’altra, ovviamente, diritto o patrimonio della umanità. Una questione lessicale? Niente affatto. Dietro al diritto ci sta la pretesa della pubblicità dell’acqua e di una quota di gratuità. Dietro al patrimonio ci sta la consapevolezza che l’acqua è un servizio, che erogare questo servizio ha un costo e che chi usa il servizio questo costo lo deve pagare al gestore che può essere pubblico o privato senza differenza alcuna. Mi sono proposto di spiegare agli uni e agli altri che il problema era posto male e che entrambe avevano una quota di ragione senza averla tutta. Dirò a voi quello che dissi a loro, sperando di avere più fortuna. Per tutte le storie che ho fin qui raccontato è fuori dubbio che l’acqua è una cosa speciale. Se manca l’energia stiamo al buio, se manca il pane mangiamo le patate, se finisce il petrolio usiamo la legna e ci copriamo di più. In realtà non sarebbe affatto facile e staremmo molto male, ma non moriremmo. Se mancasse l’acqua, la fine sarebbe rapida perchè il nostro corpo semplicemente si asciugherebbe. E’ ovvio che l’acqua è bene primario, prezioso, va garantito a tutti l’accesso a una quantità minima gratuita o semigratuita. E’ però altrettanto vero che per avere acqua pura occorre andarla a prendere nelle sorgenti o nelle falde, portarla in città, togliere gli eventuali inquinanti, distribuirla con gli acquedotti. Poi è indispensabile raccogliere quella usata, depurarla e restituirla all’ambiente senza danneggiarlo. E tutto questo costa, perchè richiede personale specializzato, investimenti, governance, controlli, organizzazione e via discorrendo. E’ un ciclo industriale con il suo costo, influenzato da tanti fattori che adesso è inutile qui ricordare. Il tema non è dunque se c’è o no il costo, perchè non può non esserci, ma solo chi paga il conto. Uno Stato può opportunamente inserire nel proprio modello di Welfare la parziale e anche la totale gratuità dell’acqua: a pagare il servizio saranno comunque i cittadini con la fiscalità generale, ma, come è noto, se uno non ha redditi non paga le tasse e quindi non paga il servizio. Viceversa se uno ha redditi pagherà per sé e per quelli che non possono. Altrettanto legittimamente uno Stato (ed è il nostro caso) può decidere che i servizi vanno pagati in proporzione al consumo, con una franchigia a prezzo ridotto per il primo scaglione. Non aggiungerei altro perchè a questo punto non è più un fatto ideologico, ma di welfare e qui le opinioni possono tranquillamente divergere senza che per questo ci si debba azzannare. E’ stato partendo da questa razionalizzazione del tema che nel 2003 mi è stato possibile scrivere in Lombardia una legge bi-partisan sui Servizi Pubblici Locali, tra i quali il servizio idrico integrato, basato sul sistema della libera scelta dei comuni sulle modalità di affidamento del servizio, in house con affidamento diretto a società pubbliche, con gara a società pubbliche, miste o private. Tutti d’accordo con l’astensione solo dell’estrema sinistra, ma per via di quelle parole “acqua patrimonio dell’umanità”, ritenute troppo mercantili. Successivamente, ed era il 2007, la Regione modificò quella legge, togliendo la libertà di scelta ai Comuni e obbligando un meccanismo di gestione del servizio troppo favorevole al privato. Ci fu la rivolta di molti comuni, un’iniziativa referendaria e a fine 2008, rientrato in Consiglio Regionale dopo 3 anni, toccò a me la modifica all’improvvida decisione del 2007 e vennero ripristinate le condizioni originariamente previste, evitando un referendum ad alta probabilità di fallimento e risparmiando 50 milioni di euro dei cittadini lombardi. Racconto queste cose perchè sia chiaro che intorno all’acqua i pasticci legislativi sono sempre in agguato, come dimostra una recente disposizione governativa che, con la scusa della tutela della concorrenza, si intromette nella materia della gestione dell’acqua, complicando la vita alle aziende pubbliche dei servizi con procedure che neanche l’UE, notoriamente liberalizzatrice, era riuscita ad inventare.

L’acqua e le guerre

Questa storia è per il diritto di accesso all’acqua. In molte parti del mondo e in particolare in Africa, i popoli si scontrano per assicurarsi l’acqua. Guerre sanguinose, migrazioni bibliche, stragi di innocenti si consumano su fronti che hanno quale centro strategico da conquistare o difendere non fortificazioni o mura, ma fiumi, laghi, oasi. E paradossalmente lo stesso si ripete in scacchieri bellici dove si utilizzano razzi e carri armati e non lance o sciabole.
La guerra di Israele ha per obiettivo non nascosto il controllo del Giordano. La lotta ai Curdi in Turchia e nel Caucaso ha il Tigri e l’Eufrate. In estremo Oriente lo stesso vale per il Gange e il Mekong, mentre la Cina, che è un continente, se la deve vedere con le province più periferiche, attraversate dai grandi fiumi Giallo e Azzurro.
I conflitti sono a volte dichiarati, a volte sotterranei, ma l’acqua è sempre tra gli obiettivi sensibili da preservare per poterla utilizzare nell’ agricoltura e per l’energia. Passi se si devono fare dighe ciclopiche, sommergere porzioni sterminate di territorio, cancellare città e villaggi, deportare centinaia di migliaia di persone: la fame e il progresso giustificano il sacrificio di “pochi” per il bene di molti. Gli amici curdi di Hansakeyf ci hanno invitato a vedere di persona lo scempio che si prepara per la loro città. Può essere che andremo lì per portare una protesta ufficiale della Lombardia contro questa distruzione assurda e la solidarietà a questa gente che ci vede come una potenza in grado di vincere una battaglia che loro combattono da 50 anni e che oggi sembra abbiano persa. Quando ero un ragazzino frequentavo Livigno e mi trovai lì quando, fatta la diga, cominciarono a riempirla. Mi portarono a vedere le case che poco per volta venivano sommerse e il campanile che rimase per giorni lì, a testimoniare di un pezzo di storia e di un mondo che finiva, cancellato dal bisogno di energia insieme alle stalle, alle case, ai terreni. Ricordo gente che piangeva ed io non capivo perchè dovesse finire così.
La storia si ripete a migliaia di chilometri, dopo tanti anni. Come non essere vicini a questa gente, a questo luogo incredibile, a questa innocenza di sentimenti e di amore per la propria terra? Lascio a voi, se c’è, una risposta a questa mia ultima storia dell’acqua.


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